Benvenuto

Benvenuti In Questa Splendida Raccolta Di Aforismi E Massime Di Vita


mercoledì 27 novembre 2013

La dipendenza dall'alcool? La causa è un difetto genetico

Lo studio apre la strada alla ricerca di nuove strategie contro l’alcolismo


LONDRA

Un nuovo studio pubblicato su Nature Communications fornisce inediti dettagli sui diversi meccanismi coinvolti in alcune forme di “alcol-addiction”. La ricerca ha individuato un gene che predispone all’eccessivo consumo di alcolici e che potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti contro l’alcolismo.  

La scoperta è frutto di una grossa ricerca pluriennale condotta da un consorzio multicentrico con basi presso l’Imperial College di Londra, la Newcastle University, la Sussex University, la University College di Londra e la University of Dundee. 


Secondo quanto spiegato nell’articolo, topi di laboratorio che hanno un difetto genetico a carico del gene “Gabrb1” diventano “alcolisti” quando si dà loro la possibilità di scegliere tra una soluzione alcolica al 10% (come un vino nella media) e acqua. 

Gli esperti hanno cercato a tappeto potenziali geni alla base dell’alcolismo, facendo delle piccole modifiche genetiche casuali, e sono arrivati a scoprire che un difetto sul gene Gabrb1 produce un effetto straordinario in termini di preferenza: i topi con questa mutazione preferiscono dissetarsi con la soluzione alcolica e si intossicano nel giro di poco tempo, dando chiari segni di ubriacatura. 

Gabrb1 è un gene cruciale per il cervello perché serve a produrre una sub-unità del recettore ”GABA”, il più importante recettore inibitorio del cervello. Con questa mutazione, il recettore resta acceso anche in assenza del suo interruttore, il neurotrasmettitore Gaba appunto. Gli esperti hanno visto che ciò avviene di preferenza nel centro neurale della gratificazione e del piacere, il nucleo accumbens. E forse proprio questa alterata percezione di piacere porta le cavie a cercare il liquido alcolico e preferirlo all’acqua, faticando anche pur di ottenerlo. 



Anche se l’alcolismo rappresenta una dipendenza complessa, in cui intervengono pure fattori sociali e psicologici, l’aver individuato un gene così fortemente associato al consumo di alcol, commentano i ricercatori, apre la strada alla ricerca di nuove strategie anti-alcol. 

martedì 26 novembre 2013

Bere birra fa bene a cuore e arterie e migliora la circolazione

Ecco 10 buoni motivi per introdurre la birra nella tua dieta giornaliera: non ingrassa, reidrata dopo l’esercizio fisico, riduce il rischio di formazione dei calcoli renali, riduce il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, aumenta il livello di ‘colesterolo buono’, contiene antiossidanti, contiene silicio, Vitamina B12, ed è una fonte di fibre.




Non ingrassa


Con un contenuto calorico molto inferiore rispetto ad altre bevande alcoliche – 43 kcal per 100 ml per la birra con alcol e solo 17 kcal per 100 ml nel caso di quella senza alcol – la birra viene ingiustamente accusata di scatenare un aumento incontrollato di peso. Ciò che deve, però, essere preso in considerazione è il mantenimento di uno stile di vita sano, che richiede una dieta organizzata, senza consumare alimenti ipercalorici.

Reidrata dopo l’esercizio fisico

I ricercatori spagnoli della Facoltà di Medicina dell’Università di Granada e del Consiglio Superiore della Ricerca Scientifica di Madrid sono arrivati alla conclusione che: il consumo responsabile di birra, con e senza alcol, è un modo per reidratarsi dopo sforzo fisico.
La sua composizione e le sue caratteristiche organolettiche fanno si che la birra possa essere una buona bevanda per reintegrare i liquidi ed i sali minerali persi durante lo sforzo fisico: aminoacidi, minerali vari, vitamine del gruppo B e antiossidanti.
Inoltre la birra disseta sul serio, visto che per il 93% è composta quasi esclusivamente da acqua.

Riduce il rischio di formazione dei calcoli renali

La birra ha un basso contenuto di calcio ed è ricca di magnesio, che aiuta a proteggere contro la formazione dei calcoli renali.
Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui è consigliato bere un bicchiere di birra al giorno per ridurre il rischio di formazione dei calcoli renali.

Riduce il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson

Il morbo di Parkinson è una malattia neuro-degenerativa che (solitamente) colpisce le persone che hanno superato i 50 anni. Diversi studi hanno dimostrato che la birra consumata con moderazione, insieme a altri diversi fattori collegati allo stile di vita, è associata a un ridotto rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

Aumenta i livelli di “colesterolo buono” (colesterolo HDL)

La quantità di “colesterolo buono” (colesterolo HDL) nel sangue aumenta durante il consumo di birra. E’ stato dimostrato che un livello più alto di “colesterolo buono” è associato a un minor rischio di malattie coronariche. La ricerca ha dimostrato che un bicchiere di birra al giorno può aumentare significativamente i livelli di colesterolo HDL.


Protezione contro Helicobacter pylori
Alcune ricerche hanno dimostrato che quelli che consumano birra responsabilmente, godono di un grado maggiore di protezione contro Helicobacter pylori, conosciuto come una delle cause maggiori delle ulcere allo stomaco ed è un possibile fattore di rischio per il cancro allo stomaco. Il consumo di birra facilita l’eradicazione di quest’organismo per il suo effetto antibatterico.

E’ una fonte di antiossidanti

La birra contiene antiossidanti naturali, che traggono origine direttamente dal malto (orzo) e dal luppolo. Le ricerche hanno dimostrato che il numero di antiossidanti nel sangue aumenta successivamente al consumo di birra, cosa che indica che gli antiossidanti della birra sono assorbiti rapidamente, anche più velocemente rispetto a quelli degli alimenti solidi.

E’ una fonte ricca di silicio

Proveniente da due fonti naturali: acqua e soprattutto orzo. Diversi studi hanno dimostrato che il silicio è importante per la salute delle ossa, migliorando la densità minerale ossea nelle donne che ricevono supplementi di silicio attraverso la dieta.
Inoltre, il silicio della birra può aiutare a ridurre il rischio di Alzheimer.

E’ una fonte di Vitamina B12 nelle diete vegetariane

Se adotti una dieta vegetariana, il corpo rischia di essere privato delle vitamine che assorbirebbe, normalmente, dagli alimenti di origine animale. Tuttavia non molti sanno che la birra sia anche una fonte naturale di Vitamina B12. Vitamina che si trova principalmente negli alimenti di origine animale ed ha un ruolo determinante per il buon funzionamento del sistema nervoso, essendo soprannominata anche la vitamina del buon umore.
Preparata dai cereali, la birra è una buona fonte di vitamine essenziali per la vita, recenti ricerche hanno dimostrato un elevato assorbimento di vitamine dal complesso B con l’introduzione nella dieta del consumo responsabile di birra.
Oltre a completare una dieta sana, le vitamine e i minerali della birra possono avere altri benefici per la salute. Recenti ricerche suggeriscono che le vitamine del gruppo B (B6, B9 e B12), che si trovano in questa bevanda, possono fornire ai consumatori di birra una protezione supplementare contro le malattie cardiovascolari.

E’ una fonte di fibre

La birra è una fonte di fibre solubili, derivata dalle pareti cellulari dell’orzo, uno dei suoi ingredienti di base. Due bicchieri di birra contengono circa il 10% dell’assunzione giornaliera di fibre solubili; alcune birre possono fornire fibre fino al 30%.

venerdì 22 novembre 2013

Il caffè fa davvero bene a cuore e arterie



La caffeina contenuta nella nota bevanda, secondo gli esperti può ridurre il rischio di morte per malattie cardiovascolari, grazie alla sua azione positiva sui vasi sanguigni. Bere caffè migliora il flusso sanguigno
Buone nuove per gli amanti della tazzina: il caffè, o meglio la caffeina, svolge un’azione positiva nel migliorare il flusso sanguigno, riducendo potenzialmente il rischio di sviluppare o essere vittima di malattie cardiovascolari.
Lo studio che promuove il caffè quale sorta di “medicamento” per cuore e arterie è stato presentato ieri all’American Heart Association’s Scientific Sessions 2013 dal dottor Masato Tsutsui dal dipartimento di farmacologia dell’Università di Ryukyu di Okinawa, in Giappone.
Sono stati 27 adulti sani a essere stati coinvolti nella ricerca che ha misurato la capacità del flusso sanguigno di riprendere la normale attività dopo essere stato interrotto volontariamente in un dito della mano dei partecipanti.
Prima di misurare l’efficienza dell’apparato circolatorio e della capacità del flusso sanguigno, i volontari sono stati invitati a bere una tazzina di caffè normale e una di decaffeinato in due tempi diversi, in modo da testarne separatamente gli effetti. I partecipanti erano tutte persone che non bevevano regolarmente caffè ed erano di età compresa tra i 22 e i 30 anni.
Dopo aver bevuto il caffè con caffeina, i ricercatori hanno utilizzato una flussimetria laser Doppler per misurare il flusso sanguigno nel dito della mano dei partecipanti. Questa è una tecnica non invasiva per misurare la circolazione sanguigna a livello microscopico. Due giorni dopo, l’esperimento è stato ripetuto con il caffè decaffeinato. Sia i ricercatori che i partecipanti non sapevano quando stavano bevendo caffè con caffeina o meno.

Gli esami comprendevano una valutazione della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e livelli di resistenza vascolare. Sono anche stati prelevati dei campioni di sangue per analizzare i livelli di caffeina ed escludere il ruolo degli ormoni sulla funzione dei vasi sanguigni.
I risultati finali dei test hanno mostrato che negli appartenenti al gruppo caffè normale (non decaffeinato) vi era stato un incremento del 30% del flusso sanguigno nel corso di un periodo di 75 minuti, rispetto a quando avevano bevuto il caffè decaffeinato.
Inoltre, rispetto al caffè decaffeinato, quello normale – con caffeina – aveva aumentato leggermente la pressione sanguigna dei partecipanti e migliorato la funzione del rivestimento interno dei vasi sanguigni. Infine, i livelli di frequenza cardiaca erano gli stessi in entrambi i casi.

«Questo ci dà un indizio su come il caffè può aiutare a migliorare la salute cardiovascolare», ha commentato il dott. Tsutsui.
Il caffè non smette di sorprenderci e, forse, questo è uno dei motivi per cui è così amato dalla maggioranza delle persone.

giovedì 21 novembre 2013

Perché abbiamo paura dei serpenti? Un istinto che ha origini millenarie

Sebbene alcuni li abbiano in casa come fossero animali da compagnia, la maggior parte delle persone prova un istintivo timore quando si trova davanti ad un serpente: uno studio pubblicato su Pnas avvalora una tesi in voga già da qualche tempo, ovvero che questa paura derivi da unmeccanismo difensivo risalente a millenni fa, al tempo dei primati. Il meccanismo visivo dei primati infatti si sarebbe evoluto riconoscendo il pericolo che rappresenta questa forma di vita allungata e strisciante, percepita da milioni di anni come un potenziale nemico da cui fuggire.















Sono trascorsi secoli, ma l’uomo del Duemila continua ad affidarsi a questo meccanismo difensivo istintuale quando i suoi occhi e il suo cervello registrano la presenza di un rettile: secondo quanto afferma Lynne Isbell della University of California di Davis, uno degli autori dello studio, i serpenti sono stati i predatori più pericolosi dei primi mammiferi, tanto da caratterizzare l’evoluzione dei primati sino ad oggi. Il nostro complesso sistema visivo, dagli occhi sporgenti ai centri di elaborazione degli input luminosi del cervello, si sarebbe evoluto in questo modo anche per captare qualsiasi minaccia nell’ambiente circostante, serpenti e rettili in testa, e questi meccanismi difensivi connotano tanto gli uomini quanto in maniera diversa altre specie di mammiferi, che ad esempio hanno sviluppato sistemi di resistenza al veleno.
A sostegno della sua tesi, la scienziata porta l’esempio di quelle specie animali che, non vivendo a con i rettili nel corso dei secoli, hanno sviluppato sistemi visivi meno complessi di quelli dei primati e non in grado di evitare la minaccia, come ad esempio i lemuri del Madagascar. Recentemente, per trovare risposte concrete alla loro teoria, gli studiosi hanno voluto misurare con degli elettrodi le attivazioni di una particolare regione del cervello situato nel talamo, monitorando alcuni macachi che non avevano mai visto un serpente: di fronte alle varie immagini presentate, ineuroni del pulvinar, questo il nome della regione cerebrale, si attivavano con maggiore frequenza e rapidità quando i loro occhi ‘riconoscevano’ nel serpente un pericolo, identificandone appunto la forma. Certo, concludono gli esperti, anche l’apprendimento e la memoria giocano un ruolo determinante, ma la teoria del ‘rilevamento del serpente’ come segno di un’evoluzione primordiale dei primati ha oggi una prova in più a suo favore.



mercoledì 20 novembre 2013

Bibite gassate alterano le proteine del cervello: lo dice una ricerca australiana

bibite gassate


Sono gustose e riempiono il palato e lo stomaco, ma le bibite gassate potrebbero avere qualche effetto collaterale, in particolare nei riguardi del nostro cervello. Secondo una ricerca di origine australiana condotta dall’Università di Sydney, e presentata al meeting annuale delle British Society of Neuroscience, queste bibite alterano le proteine del cervello, provocando non solo iperattività, ma anche effetti nocivi paragonabili a quelli del cancro o del morbo di Alzheimer, se assunte in quantità esagerate.
Gli scienziati hanno condotto l’esperimento su delle cavie, divise in due gruppi: al primo è stata somministrata semplice acqua senza alcuna aggiunta, mentre all’altro lo stesso contenuto di zucchero presente nelle bibite gassate: il risultato in questo secondo caso è stato appunto che i topolini diventavano iperattivi. I ricercatori hanno successivamente analizzato parte del tessuto cerebrale delle cavie, riscontrando un’alterazione di almeno 300 proteine presenti nel cervello. Jane Franklin, uno degli autori di questa ricerca, sostiene che i risultati siano applicabili in maniera del tutto analoga anche agli esseri umani: ‘Questi risultati pur riguardando i topi sono applicabili anche all’uomo ed evidenziano che un consumo eccessivo di bevande gassate e zuccherate può danneggiare la salute psico-fisica‘.
Non è certo il primo allarme nei confronti delle bibite gassate lanciato dalla scienza, e Frankiln aggiunge a tal proposito: ‘C’è stato un preoccupante incremento nel consumo di queste bevande, per alcuni adulti rappresentano addirittura una parte importante dell’introito calorico giornaliero, ma la nostra ricerca suggerisce che possono danneggiare il cervello quindi se si ha sete meglio bere acqua, concedendosi uno strappo alla regola solo di tanto in tanto‘. Il consumo sistematico di queste bibite consente ad anidride carbonica e zucchero di agire sulle proteine del cervello, provocando effetti devastanti, tanto che il team di studiosi australiani parlano di cancro e sindrome di Alzheimer. Il consiglio quindi è di consumare il meno possibile queste bevande, che soprattutto in alcune parti del mondo, ad esempio negli Stati Uniti, sono presenti sistematicamente nel menù giornaliero di tante famiglie.

martedì 19 novembre 2013

Il cioccolato non fa ingrassare: lo dice uno studio finanziato dall’Unione Europea

cioccolato

Gli amanti del cioccolato non potranno non esultare di fronte ai risultati provenienti da uno studio condotto presso l’Università di Granada e finanziato dall’Unione Europea, secondo cui questo dolce e ipercalorico nutrimento non fa ingrassare. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nutrition, è stato effettuata sul più grande campione di adolescenti europei fino ad oggi, 1500 in tutto, dimostrando che all’aumentare dei consumi di cioccolato diminuiscono i grassi totali distribuiti sul corpo, ovvero il grasso superfluo distribuito sul corpo e in particolare sull’addome, indipendentemente dal regime alimentare e dall’eventuale attività fisica svolta.
ricercatori sono partiti dall’importanza che recenti studi hanno rivelato riguardo il ruolo del cioccolato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari: lo scopo era quindi determinare se ad un maggiore consumo di cioccolato fosse associato un indice di massa corporea (BMI) inferiore negli adolescenti. Ai giovani europei che hanno partecipato alla ricerca è stata registrata e calcolata la quantità di cioccolata assunta con la dieta attraverso un sofisticato strumento tecnologico, poi sono stati misurati peso ed altezza dei ragazzi, e infine è stato calcolato il BMI. Il risultato è stato appunto la diminuzione dei grassi corporei con l’aumentare del consumo di cioccolata. Oltre al BMI, gli scienziati hanno provveduto anche ad effettuare altri tipi di calcoli, ad esempio sul girovita, oppure attraverso un’altra particolare stima chiamata ‘analisi della bioimpedenza’: il risultato è stato analogo.
Secondo Magdalena Cuenca-García, principale autrice dello studio, questa apparente contraddizione tra l’assunzione di cioccolato e il dimagrimento dipende dalle catechine, ovvero gli antiossidanti del cioccolato, i quali ‘hanno importanti effetti anche anti-trombotici, anti-infiammatori ed anti-ipertensivi, e possono aiutare a prevenire malattie cardiache‘, favorendo dunque la salute corporea e un corretto metabolismo, in modo da compensare all’alto contenuto calorico del cioccolato. Lo studio europeo conferma gli esiti di una precedente ricerca dell’Università della California, che aveva già ipotizzato un minore indice di massa corporea associato ad una maggiore frequenza del consumo di cioccolato. Golosi di cioccolato, ora potete mangiare senza più sensi di colpa.

lunedì 18 novembre 2013

Perché le zanzare pungono solo alcune persone? Lo spiega la ricerca




La ricerca scientifica ci può spiegare perché le zanzare pungono solo alcune persone, sebbene le cause certe non siano ancora state determinate. Quello che è certo è che qualcuno viene punto da questi odiatissimi insetti, mentre la persona a fianco ne esce indenne. Secondo le stime, un soggetto su cinque attira maggiormente le zanzare e i ricercatori sono impegnati a scoprirne il motivo. Tra le ipotesi sui gusti di questi insetti, il consumo di birra e il fattore gruppo sanguigno.
Come ogni estate, migliaia di persone sono impegnate nella lotta contro le zanzare tradizionali, a cui si sono aggiunte negli ultimi anni le tigre. Ma perché le zanzare pungono solo alcune persone? La ricerca scientifica sta tentando di dare una risposta all’annosa questione e molte ipotesi sono stata avanzate. Il professor Joseph Stromberg, sul sito dello Smithsonian Magazine, ha provato a raccogliere e presentare gli indizi sulle preferenze alimentari delle zanzare. Tra i primi fattori che attirano le zanzare si trova il gruppo sanguigno, infatti, si stima che vengano punte il doppio delle volte le persone con gruppo Zero, rispetto ai soggetti appartenenti al gruppo A; nel mezzo si colloca il B. Inoltre, l’85% delle persone secreta un segnale chimico attraverso la pelle, che indica il gruppo di appartenenza e le zanzare sono più attratte proprio da questi soggetti.
Poi, le zanzare sono attratte dall’anidride carbonica e perciò pungono chi ne produce di più, come le persone in sovrappeso. A ragione di ciò, gli adulti vengono generalmente più colpiti rispetto ai bambini, in quanto maggiori produttori di anidride, come lo sono le donne in gravidanza. Ma non solo, le zanzare captano anche la formazione di acido lattico e urico,ammoniaca e altre sostanze contenute nel sudore; in più, sono attratte da persone con un’alta temperatura corporea. Per tutte queste ragioni, mentre si pratica attività fisica si è maggiormente esposti alle fastidiose punture e alcuni soggetti, in questi casi, sono ancora più predisposti di altri. Le zanzare sembrano anche essere attratte da alcuni batteri, di cui il corpo umano è interamente rivestito. Questi batteri sembrano fungere da pista da atterraggio per gli insetti e si concentrano maggiormente su piedi e sulle caviglie, zone più colpite dalle punture. Tutti questi fattori rientrano nel codice genetico dell’individuo, che determinano la quantità e il tipo di sudorazione, e molte altri dettagli che possono attirare le zanzare.
Le zanzare sembrano anche apprezzare la birra, infatti, dopo averne bevuta una lattina da 33cl, aumentano le possibilità di essere punti, ma il perché di questo fenomeno non è stato ancora spiegato. Le prime teorie ipotizzavano che tale predisposizione fosse legata all’aumento di temperatura corporea dovuta alla produzione di etanolo, conseguente al consumo di alcol, ma ora quest’ipotesi non è più considerata plausibile. Oltre all’olfatto, le zanzare usano anche la vista per catturare le proprie prede, perciò sono attratte da colori scuri e dal rosso, tinte facilmente distinguibili. Allo stesso modo, sono stati studiati i fattori repellenti, attraverso l’analisi delle secrezioni dei soggetti che non vengono punti. Le ricerche in merito potranno portare allaformulazione di nuovi spray contro le zanzare.

giovedì 14 novembre 2013

Negli Usa arriva la PlayStation 4

La PS4 sarà diffusa anche in Europa a partire da febbraio 2014
NEW YORK
Sony lancia oggi negli Stati Uniti l’attesa PlayStation 4 (PS4), la sua console di nuova generazione dalle innovative capacità tecniche e interattive. A sette anni dal lancio della PlayStation 3, la PS4 sarà diffusa in Europa e in Giappone solo a partire da febbraio 2014 a causa di ritardi nello sviluppo di alcuni giochi.  

Il lancio della PlayStation 4 giunge una settimana dopo quello della grande concorrente della console Sony, la Xbox One di Microsoft. Con un costo di 399 dollari (399 euro in Europa), la PS4 sarà meno onerosa della console rivale, messa sul mercato a 499 dollari.  
 
«Con la PS4 vogliamo una concole che abbia delle prestazioni più elevate a costi più contenuti», ha spiegato il vice presidente di Sony Computer Entertainment America, Adam Boyes. «Abbiamo creato una macchina capace di cose incredibili», ha aggiunto.  
(TMNews)